Neoitalianismi gastronomici dalle regioni al mondo: il caso della ciabatta polesana
Per neoitalianismi si intendono quei prestiti o calchi dall’italiano in altre lingue che siano recenti, che riguardino nuovi settori culturali (soprattutto il complesso riassunto nell’etichetta del Made in Italy), che si siano diffusi globalmente e rapidissimamente col supporto immateriale dei media. Nel progetto (in corso di realizzazione) di un Dizionario degli italianismi nel mondo, un ruolo rilevante è svolto dagli italianismi gastronomici (gastronimi), che arrivano a toccare il 70% del totale verso la fine del Novecento. Tra i neoitalianismi gastronomici, si annoverano tiramisù (presente in 23 lingue diverse), pesto (in 16 lingue), carpaccio (in 13 lingue), bruschetta (in 13 lingue), rucola (in 11 lingue), e altri anche più specifici, come parmigiano, mozzarella, olio d’oliva, aceto balsamico, farfalle. Analogo al caso di tiramisù, attestato in italiano solo dal 1980, è il caso di ciabatta ‘tipo di pane’, la cui origine si colloca nel 1982, con tutta probabilità come prodotto dei Molini Adriesi (di Adria, provincia di Rovigo) di Arnaldo Cavallari (con i marchi depositati ciabatta polesana e ciabatta italica) e che ha conosciuto una diffusione capillare nei cinque Continenti e in almeno 16 lingue straniere. La vicenda illustra anche le nuove modalità (e i nuovi tempi) con cui cose e parole italiane si proiettano dalle regioni al mondo, dal locale al globale.
Prof. Lorenzo Coveri
Scuola di Scienze Umanistiche – Università degli Studi di Genova